Caratterizzazione chimica del degrado di campioni di legno archeologico imbibito: confronto fra diverse metodologie di analisi (Articolo in rivista)

Type
Label
  • Caratterizzazione chimica del degrado di campioni di legno archeologico imbibito: confronto fra diverse metodologie di analisi (Articolo in rivista) (literal)
Anno
  • 2008-01-01T00:00:00+01:00 (literal)
Alternative label
  • GIACHI G.; PIZZO B.; SANTONI I. (2008)
    Caratterizzazione chimica del degrado di campioni di legno archeologico imbibito: confronto fra diverse metodologie di analisi
    in Gradus (Roma)
    (literal)
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  • GIACHI G.; PIZZO B.; SANTONI I. (literal)
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  • 91 (literal)
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  • 103 (literal)
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Rivista
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  • 2 (literal)
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  • Il legno quando rimane per lungo tempo in condizioni di costante imbibizione è soggetto ad una serie di processi di degrado, principalmente di natura biologica, che ne alterano profondamente le caratteristiche originali. Come conseguenza esso subisce la perdita del materiale che costituisce gli strati più spessi della parete cellulare diventando una sorta di “nuovo materiale” caratterizzato da proprietà chimiche, fisiche e meccaniche anche molto diverse da quelle originarie, con differenze che sono solitamente da mettere in relazione più al suo stato di conservazione che alla specie legnosa di appartenenza. La conoscenza nel maggior dettaglio possibile della composizione chimica del legno degradato al momento del suo ritrovamento, specie se questo è molto degradato, permette di ottenere una migliore comprensione dei meccanismi di degrado cui il materiale è andato soggetto e di indirizzare in maniera mirata gli sforzi conservativi. Nella maggior parte dei casi, la caratterizzazione chimica del legno archeologico imbibito evidenzia come i processi degradativi abbiano come conseguenza la perdita delle componenti polisaccaridiche, mentre spesso si considera la lignina pressoché inalterata, almeno a livello quantitativo, anche se alcuni studi ne evidenziano alcune modificazioni chimiche strutturali. Le analisi chimiche convenzionali sono molto utili per la valutazione dello stato di conservazione del legno degradato, ma tuttavia esse non forniscono informazioni di dettaglio sulla modificazione della struttura dei componenti chimici residui. In questo contesto, le misure della capacità di scambio cationico del legno (da cui “CEC” come acronimo dall’inglese Cation Exchange Capacity) sono in grado di fornire un interessante contributo, quantomeno a livello qualitativo, rivelandosi complementari alle altre tecniche convenzionali nella conoscenza del meccanismo di degrado del legno archeologico imbibito6. Tale tecnica si basa sul fatto che il legno non degradato normalmente si comporta come una resina scambiatrice grazie alla presenza di acidi uronici nelle catene delle emicellulose. Nel legno fossile imbibito questa capacità di scambio, sebbene dovrebbe essere estremamente ridotta a causa del minore contenuto di polisaccaridi, aumenta a volte anche significativamente. Il lavoro presenta i risultati della caratterizzazione chimica di campioni di legno imbibito, rappresentativi di cinque differenti specie legnose e ricavati da reperti portati alla luce in due differenti scavi archeologici realizzati in Toscana. I risultati delle analisi chimiche convenzionali effettuate sono stati confrontati con quelli della CEC e della spettroscopia infrarossa a Trasformata di Fourier (FTIR), al fine di valutare la qualità delle indicazioni fornite da queste due tecniche, che si mostrano di facile e rapida esecuzione. Lo stesso confronto ha permesso di ottenere informazioni aggiuntive riguardo alla trasformazione delle componenti delle pareti cellulari e di arrivare ad una migliore comprensione del processo di degrado del legno archeologico imbibito. (literal)
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  • GIACHI G.: Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, Laboratorio di Analisi, Firenze (literal)
Titolo
  • Caratterizzazione chimica del degrado di campioni di legno archeologico imbibito: confronto fra diverse metodologie di analisi (literal)
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