Popolazioni di Roditori in natura quali bioindicatori di rischio genotossico (Articolo in rivista)

Type
Label
  • Popolazioni di Roditori in natura quali bioindicatori di rischio genotossico (Articolo in rivista) (literal)
Anno
  • 2006-01-01T00:00:00+01:00 (literal)
Alternative label
  • Cristaldi M. (1),Carella I. (1), Szpunar G. (1), Ieradi L.A. (2006)
    Popolazioni di Roditori in natura quali bioindicatori di rischio genotossico
    (literal)
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  • Cristaldi M. (1),Carella I. (1), Szpunar G. (1), Ieradi L.A. (literal)
Pagina inizio
  • 55 (literal)
Pagina fine
  • 66 (literal)
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  • 1 (literal)
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  • Atti del workshop (Roma, ISS 13-14/4/2005) organizzato dall'Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con l'Istituto Nazionale della Montagna (a cura di Santucci D., Francia N. & E. Alleva) (literal)
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  • Pubblicazione scientifica (literal)
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  • (1) Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo, Università “La Sapienza di Roma (literal)
Titolo
  • Popolazioni di Roditori in natura quali bioindicatori di rischio genotossico (literal)
Abstract
  • I Roditori costituiscono un taxon di notevole importanza dal punto di vista ecologico in quanto abbondanti in qualsiasi biocenosi. Nell’ambito delle metodologie per il controllo del territorio, alcuni Roditori (generi Mus, Apodemus, Rattus, Clethrionomys) sono stati utilizzati come bioindicatori di contaminazione ambientale attraverso l'individuazione di opportuni biomarcatori (genetici, biochimici, patologici, morfologici).Dal 1978 test di mutagenesi (aberrazioni cromosomiche, test dei micronuclei, test delle anomalie spermatiche, test della cometa) sono stati usati su alcune specie di Roditori selvatici per valutare la genotossicità ambientale, in quanto l’individuazione del danno genetico è fortemente predittiva di future patologie e rappresenta un segnale di allarme per l’intera comunità animale.Nel presente lavoro il test dei micronuclei è stato applicato in roditori viventi in aree sottoposte a diversi tipi di contaminazione (radioattiva, industriale, agricola, da incidenti minerari, urbana), sia nella loro distribuzione spaziale (comparazione orizzontale) che nella stessa area in tempi diversi (comparazione verticale) con l’obiettivo di rilevare, attraverso il biomonitoraggio, variazioni significative nella frequenza di micronuclei. Tale metodologia è stata applicata anche nelle rispettive aree di controllo. I risultati ottenuti hanno messo in evidenza una frequenza di micronuclei significativamente più elevata negli animali raccolti nelle aree contaminate rispetto a quelle di controllo.Il modello mammaliano è stato più recentemente (2002) utilizzato in aree protette dell’Italia centrale (Gran Sasso e Monti della Laga, Oasi Naturale Regionale “Lago di Penne”, Monti Lucretili, Parco Suburbano Marturanum). In alcune specie viventi nelle suddette aree (Apodemus flavicollis, A. sylvaticus, Clethrionomys glareolus) è stato applicato un test di mutagenesi non invasivo, quale il test dei micronuclei nel sangue periferico, per valutare il background delle frequenze di micronuclei e per controllarne le eventuali variazioni nel tempo e nello spazio.I risultati ottenuti in ambiente di montagna (“La Pelinca”, Gran Sasso) mostrano che nelle specie analizzate (Apodemus flavicollis, Clethrionomys glareolus) le frequenze di micronuclei si mantengono al di sotto del valore soglia di rischio genotossico (£2) confermando quanto ottenuto nelle altre aree prescelte. L’applicazione di questo modello ripetuta nel tempo risulta uno strumento valido per il controllo della genotossicità ambientale. Gli obiettivi ultimi del lavoro sono: la standardizzazione della metodologia, la creazione di una banca dati da utilizzare per il biomonitoraggio genotossico ambientale e la costituzione di un punto di riferimento in caso di eventi di contaminazione acuta e/o cronica (literal)
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