DETERMINAZIONE DELLA PRODUZIONE ETEROTROFA PROCARIOTICA PLANCTONICA (Contributo in volume (capitolo o saggio))

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  • DETERMINAZIONE DELLA PRODUZIONE ETEROTROFA PROCARIOTICA PLANCTONICA (Contributo in volume (capitolo o saggio)) (literal)
Anno
  • 2010-01-01T00:00:00+01:00 (literal)
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  • PUDDU A.; MONTICELLI L.; DANOVARO R. (2010)
    DETERMINAZIONE DELLA PRODUZIONE ETEROTROFA PROCARIOTICA PLANCTONICA
    ISPRA, Roma (Italia) in Metodologie di studio del plancton marino, 2010
    (literal)
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  • PUDDU A.; MONTICELLI L.; DANOVARO R. (literal)
Pagina inizio
  • 175 (literal)
Pagina fine
  • 183 (literal)
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  • Roma (literal)
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  • Metodologie di studio del plancton marino (literal)
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  • 56 (literal)
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  • Socal G., Buttino I., Cabrini M., Mangoni O., Penna A., Totti C. (Eds) (literal)
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  • 9 (literal)
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  • Istituto di Ricerca sulle acque Istituto per l'ambiente marino costiero Dipertimento di scienze del mare,università politecnica delle marche (literal)
Titolo
  • DETERMINAZIONE DELLA PRODUZIONE ETEROTROFA PROCARIOTICA PLANCTONICA (literal)
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  • Metodi di studio del plancton marino, Manuali e linee guida (literal)
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  • 978-88-448-0427-5 (literal)
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  • Giorgio Socal ; Isabella Buttino ; Marina Cabrini ; Olga Mangoni (literal)
Abstract
  • Caratteristica fondamentale di tutti gli organismi in natura è la velocità con cui convertono un substrato in nuova biomassa; questo parametro diventa particolarmente importante nel caso dei microrganismi, in quanto la stima della produzione microbica può essere utilizzata come indicatore di attività e di velocità di crescita. Dal momento che la maggior parte dei processi biologici e biogeochimici sono legati e dipendenti dal metabolismo microbico, la produzione di biomassa può essere usata per ottenere una stima di primaria importanza della velocità con cui si verificano tali processi nei quali il comparto microbico è coinvolto. Nel caso dei procarioti eterotrofi, cui è rivolto il metodo descritto nel seguito, la misura della produzione è utile alla stima della quantità di sostanza organica disciolta metabolizzata. Poiché i procarioti sono i principali utilizzatori della sostanza organica disciolta, quantificarne il ruolo significa descrivere uno dei processi fondamentali per la circolazione della biomassa, ed in particolare del C, a scala globale. La produzione di biomassa equivale all'aumento di biomassa per unità di tempo e di volume (o area) ed è funzione sia della concentrazione di biomassa presente (B), normalmente espressa in termini di C per unità di volume (ad esempio ?gC l-1), che della velocità di crescita specifica (?) per unità di tempo (ad esempio h-1) (Ducklow, 2000). In assenza di mortalità, da parte di predatori o di virus, la biomassa procariotica aumenta in modo esponenziale secondo l'equazione: dB/dt = ? dove t è il tempo e ? è uguale al coefficiente angolare della retta di regressione di ln(B) verso t. Conoscendo ? è possibile calcolare altri due importanti parametri che descrivono la crescita del popolamento batterico, rappresentati dal tempo di generazione (g=ln(2)/?) e dal numero di duplicazioni per giorno (1/g). Nella maggior parte degli ecosistemi naturali però la produzione e la mortalità dei batteri si equivalgono, per cui (dB/dt)=0 (Kirchman, 2001). Per le sue caratteristiche specifiche il metodo che verrà descritto misura comunque la produzione che si realizzerebbe in una situazione di mortalità uguale a zero, dal momento che si basa su incubazioni di durata molto inferiore (1h) rispetto alla scala temporale con cui si verifica sia la crescita che la morte delle cellule batteriche (uno o più giorni). Dal punto di vista metodologico la produzione procariotica può essere stimata misurando la velocità di incorporazione di vari precursori che vengono utilizzati per la sintesi delle macromolecole. Le due molecole più comunemente utilizzate a tale scopo sono le forme radioattive della timidina (3H-timidina), precursore del DNA, e della leucina (3H-leucina), costituente delle proteine. Le due molecole, nelle condizioni sperimentali descritte, vengono utilizzate unicamente dai procarioti. Le due tecniche, entrambe ampiamente diffuse, differiscono oltreché per lo specifico meccanismo fisiologico coinvolto, per la presenza di interferenze e per l'affidabilità dei coefficienti di trasformazione necessari per convertire la velocità di incorporazione del precursore marcato in numero di cellule prodotte o in biomassa, espressa in termini di carbonio (Bell, 1993; Kirchman, 1993). In estrema sintesi, la misura del tasso di incorporazione della timidina è più adatta per stimare la velocità di crescita procariotica, intesa come produzione di nuove cellule, mentre la misura del tasso di incorporazione di leucina fornisce una stima diretta della velocità di produzione di nuova biomassa. In realtà, nelle comunità naturali, in condizioni di crescita bilanciata, le due attività sono accoppiate e le cellule non possono aumentare la loro biomassa senza dividersi, considerando intervalli temporali superiori al tempo di generazione (qualche giorno). Perciò, l'utilizzo contemporaneo delle due tecniche in osservazioni di campo non è normalmente di grande utilità a meno che non si ipotizzi una situazione in cui la crescita batterica sia sbilanciata. In tal caso la differenza tra le due misure potrebbe fornire un'informazione supplementare. Ma una diversa risposta tra i due metodi può anche derivare dall'applicazione di coefficienti di conversione non appropriati o da alterazioni nelle condizioni che influenzano la validità dei coefficienti stessi (Ducklow, 2000). Da un punto di vista operativo, la tecnica basata sull'incorporazione della 3H-leucina offre comunque maggiori vantaggi, per i seguenti motivi: a) l'estrazione viene effettuata a temperatura ambiente; b) il rapporto tra la quantità di leucina e di timidina incorporate, a parità di biomassa prodotta, è circa 10 volte maggiore nel caso della leucina, pertanto la tecnica che utilizza questo precursore è più sensibile; c) il coefficiente teorico di trasformazione di leucina in carbonio è più affidabile. Per questi motivi negli ultimi anni la tecnica basata sull'incorporazione di leucina è stata utilizzata con maggior frequenza (Kirchman, 2001). La concentrazione ed estrazione delle macromolecole marcate può essere effettuata con due procedure diverse, mediante filtrazione o centrifugazione. Entrambe le procedure sono attualmente utilizzate, anche se la seconda, più recente, sta acquisendo una diffusione sempre maggiore. Questa procedura infatti, ha caratteristiche superiori di praticità, nonché ridotto impatto ambientale e conseguente economicità per la minor quantità di prodotti chimici richiesti e di rifiuti radioattivi prodotti. In aggiunta, la filtrazione produce frequentemente valori molto elevati di bianco, per adesione del radioattivo alla membrana filtrante, difficili da evitare. Pertanto, si è scelto di presentare unicamente la procedura che impiega la centrifugazione, ampiamente sperimentata in diversi ecosistemi, tra cui le acque costiere e pelagiche italiane. La procedura mediante filtrazione è ampiamente illustrata in Bell (1993) e Kirchman (2001). Nel seguito verranno illustrate entrambe le tecniche, per incorporazione di timidina o leucina, evidenziandone le differenze solo quando necessario. Il metodo descritto è applicabile ad acque marine o estuariali, ma una salinità ridotta può avere influenza sulla precipitazione delle macromolecole. Recentemente però, Kirschner e Velimirov (1999) hanno dimostrato come, nella tecnica basata sull'incorporazione della leucina, l'aggiunta di NaCl durante la precipitazione delle proteine possa ovviare a tale inconveniente. Con tale modifica il metodo è pertanto applicabile anche ad acque dolci. I tempi di incubazione e le concentrazioni aggiunte di precursore radioattivo sono adatti alla maggior parte degli ecosistemi, ma potrebbero essere modificati in situazioni di produttività particolarmente ridotte, allungando i tempi di incubazione e riducendo la concentrazione di substrato radioattivo, facendo però attenzione alle osservazioni riportate in nota. (literal)
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